Amsterdam-dic.2010

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mercoledì 16 febbraio 2011

Exhausted Compatriots

Mi unisco alle parole di Maria, mia giovane compatriota, che sento vicina nel suo sfogo, quasi a ridosso della manifestazione di domenica 13 febbraio:


Compatriota. Ha un senso ormai più questa parola? Coloro che condividono la stessa Patria forse sono soltanto quelli che ne condividono il dolore. E, profondamente, sentono pena per il luogo ove sono le proprie radici, da generazioni (o forse anche solo da un attimo). Compatrioti sono coloro i quali, pur non percependo confini e sentendo fratello il mondo, sentono una complicità antica nei propri occhi rivolti ancora ai terribili secoli delle dominazioni di 100 popoli stranieri (viaggiatori che, giunti in un luogo così bello, non poterono fare a meno di impossessarsene).

Li sento, i miei compatrioti, fortemente, quando vado fuori dall'Italia. Li sento nell'abituale apprezzamento dell'italianità in quanto (strano?!) disciplina, spendersi senza risparmio, senso del dovere, e poi nella capacità di non prendersi troppo sul serio, la scioltezza nel parlare le lingue, l'adattarsi ad altre culture e infine la possibilità di staccare la spina per una bella, sana chiacchierata a cuore aperto davanti a un caffè o a un bicchiere di rosso. E anche per questo, compatrioti e compatriote, dobbiamo credere che dentro di noi abbiamo già la chiave per il cambiamento, per lasciarci alle spalle anche quest'ultima dominazione (più filosofica ma non per questo meno terribile).

Non per questo ci guarderemo indietro con meno paura, ma il coraggio ci convincerà a guardare avanti.

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